Ci ho messo due anni per arrivare in Vietnam. Due anni prima di avere il tempo, i soldi, lo spirito necessario per partire e realizzare un sogno. La prima cosa che penso appena atterrata ad Hanoi quindi, dopo la notte insonne passata all’aeroporto di Bangkok, è che finalmente sono esattamente dove vorrei essere.. una sensazione che, per quanto possa sembrare strano, non è facile provare.
Usciamo dall’aeroporto e.. piove!Peccato, ma d’altronde sapevamo che la stagione non era la migliore e fino a quel momento, con il tempo trovato ai templi di Angkor, non potevamo non dirci fortunati. Ci accordiamo sulla tariffa del taxi senza farci fregare troppo per arrivare in centro e ci facciamo portare in stazione per prenotare i biglietti del treno per partire la notte stessa per Sapa. Senza anticipo ovviamente troviamo a malapena due posti poltrona nello scompartimento a sedili morbidi, ma almeno così potremo mantenere il programma per i prossimi 4 giorni fra i villaggi del nord, gli unici pianificati prima della partenza dall’Italia. Abbiamo qualche difficoltà a trattare con il signore che si occupa degli armadietti bagagli della stazione che parla solo vietnamita, ma buona volontà e la palestra di negoziazione dei giorni precedenti in Cambogia ci aiutano a ottenere un prezzo equo per i sei giorni in cui intendiamo lasciare le valige grosse ad aspettarci in modo da proseguire il più leggeri possibili nei giorni di trekking e alla baia di Halong.
Appena giunti ad Hanoi non si può non notare lo sciame di motociclette che invade letteralmente le strade sorpassando ovunque riescano a infilarsi, soprattutto quando ci si trova per la prima volta a cercare di attraversare la strada cercando di non rimetterci le penne. 🙂 Da bravi avventurieri decidiamo che non possiamo lasciarci scappare anche questa esperienza. Fortunatamente nel frattempo ha smesso di piovere per cui lasciati i bagagli in stazione saliamo su due mototaxi per raggiungere il museo di Ho Chi Minh. Ci arriviamo all’ora di pranzo quindi lo troviamo chiuso per pausa, così come il mausoleo dedicato anch’esso allo Zio Ho che invece è aperto solo al mattino. Decidiamo di fare un giro nei dintorni, dando un’occhiata anche alla Pagoda su una sola colonna che si trova dietro al museo, ma di non aspettare l’apertura pomeridiana e spostarci direttamente al Quartiere Vecchio nei pressi del lago Hoan Kiem in cyclo.
Il Quartiere Vecchio è il cuore storico di Hanoi. Le sue viette strette piene di traffico, venditori ambulanti e negozi di ogni genere costituiscono l’anima vitale e commerciale della città e addentrarvisi lasciandosi conquistare dai colori, gli odori e i sapori dei dolci di strada e del nostro primo pho, la tipica zuppa vietnamita, è un’esperienza che immediatamente mi conferma la sensazione iniziale.
Terra di leggende, il Vietnam è ricco di storie che spiegano la nascita di alcuni fra i propri luoghi più famosi e suggestivi da cui vengono derivano i loro nomi attuali. Hoan Kiem, per esempio, significa Lago della Spada Restituita. Tradizione vuole infatti che a metà del XV secolo gli dèi inviarono all’imperatore Le Thai To una spada magica che egli utilizzò per cacciare i cinesi dal Vienam. Il giorno successivo alla guerra, l’imperatore vide una gigantesca tartaruga d’oro sulla superficie del lago, che afferrò la spada e scomparve nell’acqua per restituirla ai suoi divini protettori.
Ci avviciniamo scrutando l’acqua per cercare una delle tartarughe discendenti dalla protagonista della leggenda visto
che si dice portino fortuna a chi riesce a vederle nelle rare occasioni in cui emergono. Intorno al lago la vita scorre frenetica, ma basta guardare l’acqua, la Thap Rua (Torre della Tartaruga) – emblema della città che si trova su un isolotto in mezzo al lago ed è sormontata da una stella rossa – attraversare il rosso ponticello Huc (ponte del Sole Nascente) e arrivare al tempietto di Ngoc Son per immergersi in un’atmosfera suggestiva scandita dal ritmo lento dei movimenti di t’ai chi dei gruppi che si ritrovano a esercitarsi lungo le sponde. Dopo un giretto fra i numerosissimi negozi di scarpe di ogni tipo che si trovano nelle immediate vicinanze del lago e un salto in una delle onnipresenti agenzie di viaggi per prenotare anche la gita di due giorni ad Halong, ci prepariamo per un’altra esperienza di immersione nella cultura viet: lo spettacolo delle marionette sull’acqua. Discendente di un’antica arte inventata dai contadini che lavoravano nelle risaie del Delta del Fiume Rosso e un tempo tramandata segretamente di padre in figlio, lo spettacolo oggi si svolge all’interno del Teatro Municipale dov’è allestita una piscina quadrata in cui sono azionate le marionette. Si tratta di diverse storielle divertenti di argomento bucolico o leggendario all’interno delle quali l’accompagnamento musicale dal vivo gioca un ruolo preponderante e che si riesce a seguire grazie alla loro espressività, anche se le battute sono recitate solo in vietnamita.
Tiriamo in lungo continuando il giro nel Quartiere Vecchio e poi rientriamo alla stazione in tempo per prendere il treno notturno che ci poterà a Lao Cai, quasi al confine con la Cina. Anche se la carrozza sembra un po’ da film dell’orrore
scopriamo che i sedili sono ampiamente reclinabili e riusciamo quindi a dormire un minimo, considerando che l’arrivo è previsto per le 4.30 di mattina. Ancora intontiti usciamo nel piazzale immerso nella notte e troviamo subito l’autista venuto a recuperarci. Per il tour nei villaggi del nord infatti ci siamo affidati al signor Nghe, un tour operator locale segnalato sulla Lonely Planet con il quale abbiamo definito le cose che ci sarebbe piaciuto vedere e studiato un giro personalizzato a un prezzo che, una volta in loco, abbiamo scoperto essere ottimo per il servizio avuto. Appena ci
raggiunge anche Mye, la ragazza che ci farà da guida nei successivi 4 giorni, partiamo alla volta di Sapa su una stretta strada di montagna interrotta ogni tanto da una frana qua e là. Saranno le nuvole basse, sarà la leggera pioggerellina che comincia a cadere e appanna i finestrini della nostra 4×4 o il paesaggio in cui cominciamo a scorgere risaie e villaggi ma mi sembra di essere arrivata in un luogo delle favole. La vista mozzafiato che godiamo dalla camera del nostro hotel, il Lotus, una colazione – manco a dirlo – a base di frittata e té vietnamita, ma sopratutto una doccia calda ci rimettono al mondo, pronti per un giro al mercato locale e al villaggio Cat Cat della tribù Black H’mong, a circa 3 km sotto il centro cittadino.
La prima cosa che mi colpisce di Sapa, perla incastonata fra le montagne, è l’incredibile quantità di alberghi, ristoranti, negozi di souvenir e altre attrazioni dedicate ai turisti. Chiedendo a Mye la mia impressione che nessuno di locale abiti effettivamente la cittadina è confermata. In effetti i rappresentati delle diverse tribù della zona vivono tutti nei vicini
villaggi e si spostano in ‘città’ solo per vendere i prodotti del loro artigianato o per altre occupazioni legate al turismo. In particolare a Sapa si possono incontrare membri delle tribù di montagna appartenenti ai gruppi Black H’mong, caratterizzati da abiti di color blu scuro, e Red Dzao, con indosso invece il tipico copricapo colo rosso vivo. Anche i villaggi limitrofi vivono di turismo, oltre che della coltivazione del riso, per cui per accedervi bisogna pagare delle piccole tasse d’ingresso e una volta entrati vi si trovano botteghe di artigianato tipico (tessuti, manufatti, cibi e bevande) e donne e bambini che a ogni passo cercano di venderti qualcosa. La strada che porta a Cat cat è ripida e
nonostante sia per la maggior parte asfaltata la pioggia caduta non rende meno difficoltoso il tragitto. Riusciamo comunque a rimanere in piedi ed arrivare alla cascata che si trova nella parte più bassa del villaggio, ma un po’ per stanchezza, un po’ per provare anche l’ebbrezza di una nuova ‘avventura, sulla via del ritorno decidiamo di farci riportare a Sapa con gli xe om, motorini sgangherati con ragazzini in veste di autisti. Ovviamente a me tocca il più spericolato di tutti, ma miracolosamente riesco a non volare per terra e a tenere ben salda in mano la macchina fotografica nonostante un salto di mezzo metro dalla sella per colpa di una buca.. o_O’
Rientrati in albergo ci concediamo un giretto fra i negozi di souvenir e un massaggio ai piedi à la façon Red Dzao, ovvero non esattamente rilassante ma di sicuro rigenerante. L’allenamento intensivo del primo giorno ci fa svegliare baldanzosi il mattino dopo, pronti per il secondo trekking che ci avrebbe condotto ai villaggi di Lau Chai, Ta Van e
Giang Ta Chai delle tribù Red Dzao e Giay. Invece di 3 i Km a questo giro sono 20, ma la strada larga e asfaltata che ci aveva portati a Cat Cat ci fa ben sperare. Peccato che stavolta a un certo punto la strada si trasformi in un sentiero di montagna stretto stretto, in cui pezzi a pendenza che sfiora i 90 gradi si alternano a salite dove non sarebbe male avere dei ramponi ai piedi, soprattutto dopo che un’allegra pioggerellina di mezz’ora (scesa per fortuna durante la nostra pausa pranzo) rende il tutto fangoso e altamente scivoloso.. La cosa incredibile è che mentre io fatico a restare in piedi con le scarpe da ginnastica, le nostre guide – a Mye si sono affiancate oggi sua mamma e una sua amica originarie del primo villaggio che visitiamo – procedono saltellando senza esitazioni con ai piedi delle semplici ciabatte!!??!! Ad un certo punto incrociamo sulla nostra strada una mucca abbarbicata sulle pendici della montagna appena
sopra il sentiero, che ovviamente comincia a scivolare e sembra voglia venire dritta dritta addosso a me. Incredibilmente riesce a recuperare la stabilità prima che succeda l’irreparabile e nonostante la forte tentazione di farmi lasciare lì in mezzo ai boschi distrutta mi abbia sfiorato più volte alla fine sono sopravvissuta, anche se dopo l’ultima salita sono semi svenuta in macchina con tutti i muscoli delle gambe – compresi quelli di cui non sospettavo nemmeno l’esistenza 😀 – che imploravano pietà. Morti di fatica ma estasiati dai paesaggi, gli incontri e le realtà con cui siamo entrati in contatto decidiamo di concederci un’altro massaggio Red Dzao, stavolta completo di bagno in tinozza con erbe e oli essenziali.
La mattina dopo lasciamo Sapa col sole e dopo 4 ore di macchina arriviamo a Cao Son, un villaggio di montagna a 1500 metri fra la Muong Lum valley e la Lung Khau Nhin valley. Qui le risaie lasciano spazio a una fitta vegetazione che ci rimanda immediatamente all’immagine del Vietnam da film e ad ogni curva quasi mi aspetto di veder spuntare sopra le montagne gli elicotteri di Apocalypse Now, sperando ovviamente che nessuno ci spari! ;-D Anche se è mattina e siamo piuttosto in alto il clima è torrido, ma preferiamo comunque procedere con i finestrini abbassati piuttosto che con l’aria
condizionata sparata a palla come sarebbe da uso locale, anche perché almeno possiamo approfittarne per scattare qualche foto al paesaggio e ai personaggi che incrociamo lungo la strada. Arriviamo al Cao Son Ecolodge, in cui ci fermeremo per la notte. Purtroppo nel lode originale le camere sono già tutte occupate e così ci accomodano nella nuova struttura in muratura che devono aver finito da poco, visto che odora ancora di calce fresca. Il tempo di sistemarci e bere una tazzina di té che ci offrono ed è già ora di pranzo. Mangiamo qualcosina giusto per far scorta di energie in vista del trekking pomeridiano e intanto le mie gambette, che erano in sciopero dopo la mazzata del giorno prima, già cominciano a presagire un nuovo ‘attacco’.
In realtà, considerando che avevamo solo il pomeriggio a disposizione, mi sentivo abbastanza fiduciosa che questa nuova gita sarebbe stata una passeggiata in confronto, ma puntualmente, come già mi era capitato in questa vacanza, si
è ovviamente avverato l’esatto contrario di quello che pensassi.. Insieme a Mye e a un ragazzo del luogo che ci fa da guida ci infiliamo in mezzo ai campi di riso, di mais, di zucche! – queste ultime sono il prodotto tipico di quest’area – risalendo e soprattutto scendendo per sentierini dove a malapena riusciamo a mettere un piede davanti all’altro e per lo più coperti dalla vegetazione, quindi non riusciamo mai a capire se stiamo camminando sopra terra, voragini o sassi scivolosissimi. Saltellando agili come stambecchi azzoppati riusciamo a cadere e infangarci anche a questo giro, ma la ‘passeggiata’ mi lascia davvero incantata! Al contrario di Sapa, qui – e
anche a Bac Ha, dove saremmo andati il giorno seguente – il turismo fortunatamente non è ancora arrivato in maniera così massiccia e invadente ed è quindi possibile godersi appieno le realtà originali dei villaggi di montagna e delle tribù che li abitano, principalmente di etnia Flower H’mong. Nel nostro lungo giro di altri 20 Km circa ci imbattiamo infatti in diversi villaggi dove la vera attrazione siamo noi, perché turisti qui non ne passano mai o quasi. Stuoli di bambini corrono a salutarci appena ci vedono, alcuni più sfacciati si mettono in posa per farsi fare le foto e vengono a guardarle, altri si spaventano e scoppiano in lacrime alla vista dell’obiettivo anche se poi notiamo che stanno ‘giocando’ con in mano un machete, altri ancora ci seguono curiosi a distanza ma quando ci giriamo per salutarli scappano via intimiditi ridendo. Questo è il Vietnam che mi è rimasto nel cuore, quello che più mi è piaciuto e in cui voglio tornare. La zona più vera e la più bella in assoluto..
La domenica terminava purtroppo il nostro giro dell’area nord-occidentale con l’ultima tappa a Bac Ha e al suo famoso
mercato domenicale, molto più bello e caratteristico di quello di Sapa a mio avviso, fosse anche solo perché frequentato più da locali che non da turisti. Dopo gli acquisti di rito, un saluto e un ringraziamento a Mr Nghe – il nostro tour operator che ha la sua base a Bac Ha – e un giro in piroga sul fiume Chay, siamo quindi ritornati a Lao Cai per prendere il treno notturno che ci ha riportati ad Hanoi in tempo per salire la mattina dopo direttamente sul pullman con cui abbiamo raggiunto un altro dei luoghi simbolo del Vietnam settentrionale: la Baia di Halong.
Come ci spiega la nostra guida Tony, la leggenda vuole che gli isolotti di pietra calcarea che rendono tanto suggestiva la baia, che fa parte del Patrimonio Mondiale dell’Unesco, siano stati originati da un drago che, scendendo dalle montagne verso il mare, li abbia creati sbattendo la coda di qua e di là. In effetti il nome stesso Ha Long significa ‘discesa del drago’.
Dopo 3 ore di viaggio arriviamo ad Halong City, dove un mare di turisti affolla il porto da cui partono le giunche per le
crociere di 1,2 o 3 giorni. Per godere al massimo della baia e riposarci un po’ dopo gli ultimi, intensi, 4 giorni avevamo scelto la crociera di 2 giorni, ma purtroppo il secondo giorno il tempo ci ha giocato un brutto scherzo costringendoci a tornare ad Hanoi con 3 ore di anticipo sul programma e non permettendoci di fare nulla se non rientrare in porto dopo colazione. Fortunatamente il giorno dell’arrivo il tempo era stupendo e una
volta saliti sulla nostra Imperial Cruise ci siamo addentrati in questo luogo dall’aura mitologica insieme ad almeno un altro centinaio di giunche simili. Un giro in kayak, una visita alla Grotta delle Sorprese – una delle più grandi fra le numerose che si trovano nelle formazioni calcaree, scoperta per caso dai francesi all’epoca del loro dominio coloniale sul Viet – e siamo ritornati sulla giunca giusto in tempo per goderci un tuffo dal ponte superiore nella acqua cristallina e salatissima della baia. E poi un altro, un altro e un altro ancora.. a divertirci come bambini, su e giù fino al tramonto.
Il mega temporale che ci costringe al rientro comincia la notte stessa e ci accompagna per tutti il giorno successivo, anche durante la visita al Lago Occidentale con cui decidiamo di concludere la nostra visita alla città. Facciamo gli ultimi acquisti, recuperiamo i bagagli che da 6 giorni ci aspettano alla stazione e ci godiamo l’ultima notte ad Hanoi nella nostra stanzetta da 15$ al Tung Trang Hotel, un alberghetto senza pretese in una vietta silenziosissima – qualità da non sottovalutare in una città trafficata com questa – a due passi da Hoan Kiem.
Hanoi ci saluta con la pioggia, esattamente come ci aveva accolti una settimana prima. Si chiude il cerchio e già stiamo volando in direzione sud. Ho Chi Minh City, arriviamo!